Google ADS è la piattaforma attraverso cui gli inserzionisti possono pubblicare annunci negli spazi pubblicitari messi a disposizione dal motore di ricerca statunitense. Nato nell’ottobre del 2000 e conosciuto fino al 2018 con il nome di Google Adwords, questo mezzo ha da subito guadagnato un’enorme popolarità tra coloro che possiedono un’attività nel Web e che, soprattutto, vogliono farla conoscere al proprio pubblico di riferimento.

Come tutte le piattaforme pubblicitarie esistenti, chiunque abbia intenzione di promuovere la propria impresa su di esse ha l’obbligo di corrispondere a tali strumenti delle somme di denaro. Di questo principio Google ne ha fatto il suo principale canale di sostentamento: infatti, circa il 90% degli introiti annuali del colosso statunitense derivano proprio dal mezzo pubblicitario.

D’altro canto, il motore di ricerca offre uno strumento in grado di fare la differenza per il tuo business aziendale, permettendoti di raggiungere il tuo target di interesse quando esso si trova su Google o naviga tra i siti partner del motore di ricerca. Perciò, non si può proprio fare a meno di Google ADS se si possiede un’attività che vuole avere successo online.

Nonostante in un primo momento la piattaforma possa risultare abbastanza confusionaria nell’organizzazione, interfacciandosi con essa ci si renderà conto di come risulti facile da usare. Questa guida completa a Google ADS, inoltre, ti semplificherà ancora di più il lavoro e ti consentirà di utilizzare la piattaforma per raggiungere i tuoi obiettivi di business!

 

Come funziona Google ADS

All’interno della piattaforma è possibile creare una campagna sulla base delle proprie esigenze e a seconda degli obiettivi che si intendono perseguire. A rappresentare il cuore delle campagne, però, sono i gruppi di annunci e, più in particolare, gli annunci, ossia quei messaggi che assumono formati diversi e che hanno il compito di catturare l’attenzione dell’utente. Il controllo sulle campagne erogate e sugli annunci sponsorizzati è quasi del tutto completo.

Il mezzo pubblicitario, quindi, si sviluppa su 3 livelli collegati tra loro:

  • campagna
  • gruppi di annunci
  • annunci

Tale suddivisione è fondamentale per mantenere in ciascuna delle campagne erogate il più alto livello di coerenza con gli obiettivi prefissati e il target che si intende intercettare. Infatti, oltre alla possibilità di creare più campagne, ognuna di queste può contenere al proprio interno diversi gruppi di annunci che a loro volta possono includere le varianti degli annunci desiderate.

In aggiunta, questa organizzazione della piattaforma pubblicitaria è da tenere bene a mente dal momento che le varie opzioni per modificare l’advertising in Google sono disponibili solo a determinati livelli. Nel dettaglio:

  • a livello di campagna si ha l’opportunità di decidere la tipologia di campagna da realizzare (ad esempio, di ricerca, display o Shopping) assieme alla località in cui questa dovrà essere promossa. Sempre a livello di campagna, dovrai impostare il budget giornaliero, cioè l’importo massimo in denaro che sei disposto a pagare giornalmente (è bene sottolineare che in alcuni giorni e con determinate tipi di offerte, potrai trovarti a pagare fino al doppio del budget giornaliero impostato, ma in un mese non spenderai mai di più del budget giornaliero stabilito moltiplicato per 30,5, cioè la media dei giorni presenti in un mese) e l’offerta massima che hai deciso di poter corrispondere.
  • a livello di gruppi di annunci dovrai ragionare sulle opzioni di targeting (che vedremo in seguito) che più si adattano alle tue necessità e al pubblico che vuoi raggiungere.
  • a livello di annunci è necessario dare libero sfogo alla propria creatività e capacità di scrittura per dare forma a uno o più annunci capaci di differenziarsi dagli altri e attrarre l’utente verso il proprio business.

Curare tutti gli aspetti elencati è cruciale per assicurarsi la buona riuscita delle campagne e per evitare di sbagliare il contesto e il target da raggiungere.

Immaginiamo di possedere delle pizzerie in più città d’Italia: in questo caso sarà assolutamente sbagliato creare una singola campagna cercando di raggiungere le persone che risiedono in tutte queste località poiché, come abbiamo visto, le zone in cui gireranno le campagne sono modificabili sono a livello di campagna. Così facendo si rischierebbe, quindi, di far visualizzare degli annunci riferiti alla propria pizzeria di Roma a persone che, invece, abitano a Milano, il che equivarrebbe a buttare via i propri soldi!

 

Il Punteggio di Qualità, giudice delle campagne

Per valutare la bontà delle campagne ideate all’interno di Google ADS, lo strumento utilizza quello che viene definito Punteggio di Qualità (Quality Score). Si tratta di una valutazione, in una scala da 0 a 10, che viene decretata dal motore di ricerca e che si basa su 3 macro-aspetti.

Il primo riguarda il tasso di clic, ossia la percentuale dei navigatori del Web che visualizzano un determinato annuncio e cliccano su di esso. Va da sé che più persone fanno clic con il mouse o da smartphone su un messaggio pubblicitario, più Google dedurrà come quell’annuncio venga apprezzato dagli utenti.

Il secondo è connesso alla pertinenza delle keyword rispetto all’annuncio e alla pagina di atterraggio scelta. Questo aspetto entra in gioco principalmente nelle campagne di ricerca, ma anche nelle altre tipologie di promozioni ha il suo peso. Facciamo un esempio per chiarire quanto scritto: immaginiamo di essere un rivenditore d’auto e di creare una campagna per promuovere la vendita delle automobili usate a marchio Renault che abbiamo in salone. Per fare ciò potremmo utilizzare una campagna Search o di ricerca che, come avremo modo di vedere successivamente, presuppone l’acquisto delle parole chiave per cui mostrare l’annuncio nelle pagine dei risultati. Dunque, opteremo per keyword come [auto usate renault], [acquistare macchine usate renault] e così via, ripetendo le stesse parole chiave nell’annuncio e all’interno della landing page che mostra le Renault usate. Agendo in questo modo, la pertinenza è garantita. Ipotizziamo, al contrario, che nella landing page vengano presentate le automobili nuove dell’Alfa Romeo. Evidentemente, in questo caso, la pertinenza sarà piuttosto bassa, in quanto l’intento di ricerca dell’utente non è rispettato, e il Punteggio di Qualità ne risentirà in negativo.

L’esperienza d’uso da parte dell’utente nella pagina di atterraggio non poteva essere sottovalutata da Google. D’altronde, si tratta del contenuto deputato a far convertire il potenziale cliente e a metterlo nelle condizioni di intraprendere una specifica azione. L’ultimo degli aspetti che contribuiscono all’indicazione del Punteggio di Qualità, quindi, è legato all’utilità della pagina, alla sua velocità di caricamento, all’autorevolezza del testo, all’ottimizzazione per il mobile e a tutte quelle caratteristiche che fanno della pagina un contenuto gradevole da consultare e con cui l’utente può far fronte a una propria necessità.

Non tutti i tipi di campagna mostrano il Punteggio di Qualità e laddove sia nascosto (come nell’eventualità delle campagne Display), è bene fare affidamento su altre metriche, ad esempio il CTR (rapporto tra visualizzazioni dell’annuncio e clic effettivi) e il tasso di rimbalzo (detto anche bounce rate, misura la percentuale di coloro che atterrano nella landing page e l’abbandonano senza interagire con essa).

Controllare il Quality Score è decisivo per monitorare l’andamento della campagna e, soprattutto, per non trovarsi a spendere di più di quanto si potrebbe pagare attuando dei semplici accorgimenti.

Per far apparire il punteggio nel proprio account Google ADS è sufficiente recarsi nella sezione Parole chiave > Parole chiave per la rete di ricerca. Nella schermata che si aprirà, dove hai la lista delle tue parole chiave selezionate, dovrai recarti nella voce Colonne e cliccare su Modifica Colonne. A questo puoi aggiungere il Punteggio di Qualità riguardante le parole chiave selezionando la relativa casella e cliccando su Applica, di modo che per ogni keyword saprai il suo score. Una volta fatto ciò, il Punteggio di Qualità apparirà nelle tue colonne.

 

Come vengono pubblicati gli annunci

Il meccanismo che ha fatto le fortune di Google ADS è l’asta che si cela dietro alla pubblicazione degli annunci e a cui partecipano gli account di proprietà di coloro che sono interessati a sponsorizzare l’attività online. Tecnicamente, alla digitazione di una query da parte dell’utente o alla visualizzazione di un banner pubblicitario, il sistema avvia un’asta a cui partecipano gli inserzionisti in concorrenza tra di loro e che determinerà posizione degli annunci e il reale costo per clic.

A stabilire in quale posizione comparirà il tuo annuncio e l’inserzione dei concorrenti è quello che in gergo tecnico viene definito Ad Rank, ossia il risultato della moltiplicazione tra l’offerta massima sostenibile e il Punteggio di Qualità. L’inserzionista che riuscirà a ottenere l’Ad Rank più alto vedrà il proprio annuncio comparire in prima posizione e acquisire così il massimo grado di visibilità.

 

Quanto costa Google ADS

Dopo che il sistema ha assegnato al tuo annuncio una specifica posizione, il messaggio pubblicitario sarà visibile agli utenti che potranno, dunque, cliccare su di esso ed essere reindirizzati verso il sito web di tua proprietà.

Al clic della persona interessata a ciò che offri avviene il pagamento di una determinata somma da parte dell’inserzionista che viene chiamata CPC, ossia Costo per Clic. Il procedimento appena descritto è alla base della logica PPC, cioè Pay per Click, in cui l’inserzionista paga solo nel momento in cui l’utente clicca effettivamente sull’annuncio promosso in Google o nei siti partner. Il sistema PPC tutela coloro che fanno pubblicità in Google ADS, facendo elargire loro una somma di denaro solo in corrispondenza del clic di una persona che si presume interessata ai prodotti o ai servizi dell’inserzionista.

Ma, effettivamente, quanto costa un clic in Google ADS capace di far visitare a una persona il proprio dominio? Tralasciando per un attimo la concorrenza dei diversi settori in cui ci si trova a operare che inevitabilmente alza il CPC (più inserzionisti partecipano a un’asta, più essi fanno offerte alte per le prime posizioni, più il costo da sostenere per avere un’adeguata visibilità cresce), a determinare l’importo da pagare è il rapporto tra l’Ad Rank dell’inserzionista sottostante e il Punteggio di Qualità che si riesce a ottenere.

Vediamo un esempio di asta in questa tabella per semplificare quanto detto.

Costo per clic massimo Punteggio di Qualità Ad Rank Posizione annuncio Costo per clic effettivo
Mario 3,00€ 7 21 16/7 = 2,28€
Fabio 4,00€ 4 16 10/4 = 2,5€
Giuseppe 5,00€ 2 10 7/2 = 3,5€
Alberto 1,00€ 7 7 Minimo asta

Da questa tabella possiamo notare come il Punteggio di Qualità svolga il ruolo di moltiplicatore nella definizione dell’AD Rank e di divisore nell’individuazione del CPC da pagare. Se non l’avessi ancora capito, il Punteggio di Qualità è il punto focale su cui concentrarsi per garantirsi un’adeguata visibilità e non pagare i clic delle cifre spropositate. Nella tabella, infatti, possiamo vedere come Mario, grazie a un Quality Score alto riesca a raggiungere la prima posizione pur avendo un CPC minore rispetto agli altri inserzionisti che, dunque, dovranno alzare la propria offerta per superarlo o intervenire sul Punteggio di Qualità.

Sì, ok, ora ho capito come viene calcolato il costo di un clic, ma, parlando di cifre reali, quanto costa Google ADS? Seconda la nostra esperienza, per alcune attività local, cioè ristrette a una specifica zona geografica, si possono ottenere dei buoni risultati anche investendo 5/10 € al giorno. Chiaramente, allargando il proprio raggio di azione e dovendosi scontrare con una concorrenza più agguerrita, queste cifre cresceranno esponenzialmente. In linea di massima, quando ci si trova a competere in zone geografiche più ampie e con un numero più elevato di inserzionisti, un budget di 30€ è il minimo per poter raccogliere dati utili su cui ottimizzare le campagne e guadagnare delle conversioni.
Stabilire una cifra valida per ciascuna delle ipotesi di campagne è praticamente impossibile e solo dopo aver studiato il mercato di riferimento e aver attivato la promozione si potrà sapere quanto budget bisogna impiegare per conseguire dei risultati soddisfacenti.

 

Gli obiettivi delle campagne

Utilizzare Google ADS senza aver chiaro in mente l’obiettivo che si intende perseguire equivale a sperperare i propri soldi. Certo, alcune conversioni potrebbero sempre arrivare, ma mai come nel caso in cui ci sia una strategia ben ragionata dietro la creazione della promozione pubblicitaria.

Attualmente, gli obiettivi suggeriti dalla piattaforma per la creazione delle campagne sono:

  • Vendita, in cui lo scopo è, appunto, spingere l’utente a comprare un prodotto o un servizio.
  • Lead, scelto dagli inserzionisti che vogliono che il visitatore del sito web lasci i propri dati tramite la compilazione di un contact form o l’iscrizione a una newsletter.
  • Traffico sul sito web è l’obiettivo che mira ad aumentare il numero di utenti che visitano la landing page sponsorizzata.
  • Considerazione del prodotto e del brand punta a far sì che i prodotti o i servizi offerti dal tuo marchio comincino a diventare il punto di riferimento nel momento in cui sorge un bisogno che ciò che proponi è in grado di soddisfare.
  • Notorietà del brand e copertura è focalizzato esclusivamente sul far conoscere il brand alle persone appartenenti al target di riferimento.
  • Promozione di app, attraverso il quale si spinge l’utente a scaricare un’app di proprietà dell’inserzionista.
  • Hotel ADS, attivabile su richiesta dell’inserzionista, consente di far apparire le offerte all’interno del servizio Hotel Finder di Google.
  • Senza obiettivo, dato che la piattaforma permette anche di non impostare alcun obiettivo per la campagna. Tuttavia, non suggeriamo questa scelta, soprattutto se si è alle prime armi con l’utilizzo di Google ADS.

Preferire un obiettivo piuttosto che un altro condurrà alla scelta di specifiche tipologie di campagne che la piattaforma intende più adatte a far raggiungere lo scopo prefissato e all’attivazione di impostazioni automatiche (che, comunque, sono modificabili in seguito).

 

Le tipologie di campagne esistenti

L’estesa ampiezza dell’universo Google e gli accordi stabiliti tra il motore di ricerca e i portali più conosciuti del Web permettono agli inserzionisti di sfruttare le enormi potenzialità messe a disposizione da questo ambiente tecnologico. Tale imponente offerta di spazi pubblicitari si configura nella possibilità di realizzare campagne diverse tra loro per formato e obiettivo.

Conoscere i tipi di campagne attualmente presenti in Google ADS consente agli inserzionisti di capire quale tipologia meglio si adatta ai propri obiettivi e al pubblico che vuole raggiungere.

 

Campagne Search (o di ricerca)

Probabilmente il formato di campagna più conosciuto, le campagne di ricerca fanno apparire gli annunci all’interno delle SERP (Search Engine Results Pages, cioè le pagine dei risultati di Google) nel momento in cui un utente digita una query che matcha una parola chiave acquistata dall’inserzionista.

Gli annunci delle campagne Search appaiono in cima o in fondo ai risultati di ricerca e si aggiungono ai 10 canonici risultati di Google. Essi vengono individuati, oltre che da un’ampiezza maggiore rispetto ai tradizionali snippet (anteprime) dei risultati, grazie all’etichetta Annuncio.

 

Campagne Display

Optando per delle campagne Display, gli annunci gireranno sui siti che hanno concesso al motore di ricerca degli spazi pubblicitari tramite l’iscrizione al circuito AdSense (dove il proprietario del sito riceverà una somma di denaro ogni volta che l’utente clicca sull’annuncio ospitato), su quei domini che hanno stipulato accordi commerciali con Big G o che sono di proprietà di quest’ultimo (ad esempio, Gmail e YouTube). L’insieme di tutti questi domini su cui possono apparire i banner creati dagli inserzionisti prende il nome di GDN (Google Display Network).

Per quel che riguarda i banner, i formati più impiegati comprendono delle immagini e del testo che, insieme, cercano di attrarre l’attenzione dell’utente e di spingerlo a visitare il proprio sito web. Negli ultimi tempi, però, stanno prendendo sempre più piede gli annunci adattabili, dove i testi si alternano a immagini e video per adattarsi a tutti i tipi di spazi pubblicitari concessi.

Una variante delle campagne Display sono le Gmail Sponsored Promotions (GSP), ossia delle promozioni che fanno apparire gli annunci, personalizzati sulla base dei propri interessi, nelle caselle di posta Gmail degli utenti.

L’utilizzo dei banner pubblicitari e della relativa campagna è particolarmente indicato se l’obiettivo da perseguire è aumentare la conoscenza del brand e la sua popolarità, tentando di farsi notare nel momento in cui l’utente naviga dei siti web terzi.

 

Campagne Shopping

Questa tipologia di campagna consente di far comparire i prodotti venduti nel proprio e-commerce all’interno delle pagine dei risultati di Google e nella specifica sezione Shopping. Gli annunci vengono visualizzati in base all’abbinamento automatico, effettuato da Google, tra la keyword digitata nella barra di ricerca e il tuo prodotto che meglio risponde all’intento che si cela dietro la parola chiave inserita. In precedenza, la sezione Shopping fungeva unicamente da comparatore di prezzi tra prodotti simili, mentre ora ospita annunci creati dagli inserzionisti.

Il requisito fondamentale per lanciare una campagna Shopping è comunicare il proprio feed di prodotti, con tanto di descrizione, foto e altre informazioni fondamentali per gli utenti, a Google Merchant Center. Una volta fatto ciò, gli utenti potranno comprare quanto da te venduto cliccando sul prodotto e venendo reindirizzati alla corrispondente scheda prodotto.

Se vuoi aumentare le vendite del tuo e-commerce, non puoi proprio fare a meno delle Shopping. Si tratta, infatti, delle campagne più consigliate per coloro che hanno un negozio online e vogliono farlo performare al meglio.

 

Campagne video

Ulteriori spazi online in cui possono essere mostrati gli annunci realizzati dagli inserzionisti sono i video caricati in YouTube. Grazie a queste campagne, infatti, è possibile intercettare il proprio target facendogli visualizzare delle clip di durata variabile mentre esso è impegnato a guardare dei video nella piattaforma di proprietà di Google, ossia YouTube.

Ciascuna persona visualizzerà prima, dopo o durante il video che sta guardando su YouTube delle inserzioni che sono in linea con le sue ricerche effettuate in Google. Per questo motivo, le campagne video possono rivelarsi un ottimo alleato per far conoscere il proprio brand o per promuovere i prodotti e i servizi offerti.

 

Campagne per app

Hai sviluppato un’app e vuoi farla scaricare dal tuo pubblico di riferimento? Allora le campagne per app sono ciò che fa per te! Esse consentono di far scoprire l’applicazione sia a coloro che hanno uno smartphone con sistema operativo iOS sia a coloro che utilizzano Android.

 

Campagne Discovery

Una tipologia di campagna che sta guadagnando sempre più popolarità è quella Discovery, in cui gli annunci compaiono in corrispondenza della consultazione da parte dell’utente del proprio feed personalizzato nell’app di Google. A dir la verità, le inserzioni si possono ritrovare anche nella propria casella Gmail e nella sezione “Prossimi video” di YouTube, ma l’aspetto più importante è che grazie alle Discovery ads si ha la possibilità di raggiungere audience molto interessanti per il proprio business aziendale.

 

La configurazione di una campagna Google ADS

Qualunque sia la tipologia scelta, esistono delle impostazioni configurabili a livello di campagne (ricordi come funziona Google ADS?) e che sono da prendere in considerazione per ciascuna di queste ultime.

Nella fase di pianificazione della campagna, la decisione sulla zona geografica in cui far apparire gli annunci è fondamentale per il successo della promozione. Scegliere la giusta località in cui si trovano gli utenti che visualizzeranno gli annunci è fondamentale per assicurarsi che le inserzioni saranno viste unicamente dal pubblico a cui si vuole arrivare.
Per quel che riguarda la località, è bene sottolineare che la piattaforma utilizza un criterio “misto” per determinare a chi far visualizzare gli annunci. Facciamo un esempio: ipotizziamo di aver acquistato la keyword [pulizia uffici roma] e, ovviamente, di aver scelto come target la città di Roma. Lasciando le impostazioni di default, gli annunci saranno mostrati anche a coloro che, ad esempio, si trovano in Veneto e cercano quella keyword. Un’inserzionista competente sa che quei clic non sono di qualità e comportano solo uno spreco di budget e, perciò, si assicurerà che gli annunci saranno visibili solo alle persone che effettivamente si trovano a Roma, selezionando la casella cerchiata nell’immagine sottostante.

Mantenere il massimo livello di coerenza nelle campagne erogate significa anche crearne una per ogni città, nazione e così via che si intende raggiungere. In questo modo gli annunci saranno personalizzati sulla base della località prescelta e l’intera campagna sarà impostata per ottenere il massimo ritorno sulla zona selezionata.
Google ADS, in aggiunta, offre anche l’opportunità di escludere le località dove non vogliamo che i nostri annunci siano visualizzabili in alcun modo.

Quale lingua parla il target della campagna che stai per accendere? La risposta a questa domanda è essenziale per evitare di far visualizzare le inserzioni a utenti che non sarebbero neanche in grado di leggerli. Per “lingua” parlata dagli utenti, in questo caso, si intende quella impostata all’interno del browser con cui essi navigano in Internet e consultano gli annunci pubblicitari proposti.

Come sappiamo, gli utenti possono osservare le inserzioni da diversi dispositivi, come smartphone, tablet e computer. Di default, le campagne gireranno su tutti e tre i dispositivi esistenti. Può accadere, però, che i clic provenienti da un dispositivo performino meglio, ossia si concludano con una conversione vera e propria. Per questa ragione, una buona pratica è quella di aggiustare l’offerta riferita a un dispositivo e, ad esempio, aumentare quella connessa agli smartphone (che nella maggior parte dei casi portano più conversioni) e diminuire quella per gli annunci visualizzati da PC. Agendo in questo modo, gli annunci saranno più visibili nei dispositivi sui quali ci sono maggiori probabilità di convertire. Se si volesse mettere in pratica questo consiglio, sarà sufficiente aumentare/diminuire la percentuale dell’offerta: ad esempio, con un aumento del 20% per un dispositivo, un’offerta pari a 1€ si trasformerà in un’offerta uguale a 1,20.

Per alcuni settori o business può essere d’aiuto far apparire gli annunci unicamente in certi giorni o in certe ore. Ad esempio, pianificare la visibilità agli annunci di una pizzeria nelle ore che precedono il pranzo o la cena potrebbe innalzare il numero di conversioni e consumare budget unicamente nei momenti della giornata in cui ci sono più probabilità che l’utente che clicca sia più invogliato a compiere un’azione. Naturalmente, dovrai ponderare la decisione su quando rendere visibili i tuoi annunci sulla base dei dati in tuo possesso. In linea di massima, però, non mostrare le inserzioni quando gran parte delle persone sono a dormire e, quindi, scegliere come periodo di pubblicazione degli annunci la fascia oraria 06:00 23:59 rimane sempre un buon punto di partenza.
Anche per questa opzione l’inserzionista ha l’opportunità di aggiustare l’offerta e destinare una quota di budget maggiore alle ore e ai giorni più profittevoli.

All’interno della piattaforma pubblicitaria, come già accennato in precedenza, è obbligatorio impostare un budget di spesa, ovvero il costo che l’inserzionista è disposto a spendere giornalmente per promuovere la propria attività, e una strategia di offerta attraverso la quale “stabiliamo” il criterio con cui partecipiamo alle aste. Nel prossimo paragrafo entreremo nel dettaglio delle diverse strategie che il sistema mette a disposizione degli inserzionisti pubblicitari per partecipare all’asta.

 

Le strategie di offerta

Google ADS ha previsto una serie di strategie di offerta attuabili dagli inserzionisti sulla base delle loro esigenze, del rendimento delle campagne e dello stato dell’account pubblicitario. Queste hanno la funzione di stabilire le modalità con cui l’inserzionista parteciperà all’asta insieme agli altri concorrenti. Alcune di queste strategie sono selezionabili per tutti i tipi di campagne, mentre altre possono essere utilizzate solo quando si sceglie una determinata promozione.

Le strategie d’offerta si dividono in due macrocategorie: manuali e automatiche. Le prime sono piuttosto semplici da comprendere dal momento che includono un’unica tipologia di modalità d’offerta, ossia il CPC manuale. Optando per tale strategia, dovrai determinare il costo per clic che sei disposto a pagare nell’asta per ciascuna delle parole chiave che hai selezionato.

Per quel che riguarda, invece, le strategie di offerta automatiche, l’aspetto fondamentale da prendere in considerazione è che l’inserzionista “lascia libero” il sistema di aggiustare le offerte a seconda delle sue necessità e del suo piano d’azione. Nel dettaglio, puoi scegliere tra:

  • Massimizza le conversioni. La piattaforma decide in piena autonomia la cifra da offrire nell’asta, basandosi sulle precedenti conversioni ottenute. Va da sé che per un account che non ha registrato conversioni, tale strategia d’offerta non è consigliata, in quanto il sistema non ha dati a disposizione su cui ottimizzare le offerte e, quindi, capire dove poter destinare un CPC più alto e dove, al contrario, tenere un profilo più basso.
  • Massimizza il valore delle conversioni. In questo caso, i CPC sono regolati dal sistema per ottenere il massimo valore possibile dalle conversioni, concentrandosi sulle keyword e sugli altri criteri di targeting che hanno visto registrare i valori più alti di conversione.
  • Massimizza i clic. Come si può intuire dal nome, Google ADS con questa strategia d’offerta cercherà di spingere le parole chiave o i criteri di targeting selezionati nelle campagne che sono in grado di generare un elevato numero di clic. Tuttavia, non è detto che i clic acquistati siano i più “inclini” a trasformarsi in conversioni.
  • ROAS (Return on Advertising Spending, ossia il Ritorno sulla spesa pubblicitaria. Prediligendo tale strategia d’offerta, i CPC avranno lo scopo di mantenere il margine di guadagno settato dall’inserzionista.
  • Quota impressioni target. Tramite questa strategia d’offerta i costi per clic dovranno garantire agli annunci la percentuale di visibilità che imposterai.
  • Costo per engagement. Si tratta di una strategia d’offerta ad appannaggio esclusivo della rete Display e delle campagne Video. Il sistema darà la priorità alle interazioni degli utenti con l’annuncio (che, dunque, dovrà includere un video o una funzionalità interattiva) per determinare l’importo del CPC offerto.
  • Impressioni visualizzabili. Anche questa strategia d’offerta è selezionabile solo nel caso di campagne Display o Video. La piattaforma tenterà di massimizzare il numero di visualizzazione degli annunci, facendo pagare un costo per mille impression, piuttosto che soffermarsi sui semplici clic.

È praticamente impossibile affermare quale strategia d’offerta sia la migliore e la più performante in termini di conversione e diminuzione dei costi. Ciascuna di queste strategie può funzionare per una campagna con determinate caratteristiche ed essere completamente errata per un’altra promozione. Solo ragionando su quali sono gli obiettivi su cui si basa la campagna e sul tuo account sarai in grado di scegliere quella che più si addice alle tue esigenze.

 

Come impostare una campagna di ricerca

Il cuore delle campagne di ricerca, o Search, sono le parole chiave per cui far comparire gli annunci realizzati all’interno di Google ADS. Dunque, come evidenziato nelle righe precedenti, le inserzioni appariranno prima o dopo i risultati di ricerca organici, ossia quelli per cui non si è pagata una certa somma di denaro per farli apparire in prima pagina.

Parlando degli annunci, essi devono rispettare alcune regole per essere conformi alla pubblicazione. Prima di tutto, i tre titoli inseribili in un annuncio di testo standard non devono superare i 30 caratteri. Inoltre, la lunghezza delle due descrizioni aggiungibili non può eccedere i 90 caratteri.
Da un paio di anni, inoltre, Google ADS ha inserito la possibilità di creare degli annunci adattabili della rete di ricerca, in cui si possono includere fino a 15 titoli e 4 descrizioni, di modo che il sistema li abbini in modo diverso alla ricerca della migliore combinazione possibile.

 

Google Keyword Planner

Ma dove puoi trovare le parole chiave da acquistare e su cui costruire i tuoi annunci? Ecco che il Keyword Planner di Google viene in tuo aiuto. Si tratta di uno strumento che consiglia ulteriori parole chiave correlate o che entrano nel dettaglio dell’argomento trattato a partire dalla keyword principale inserita. Alla destra di ogni parola chiave potrai consultare il suo volume di ricerca su base mensile e farti un’idea del CPC associato a essa.

Lo strumento di pianificazione delle parole chiave permette anche di ottenere dati storici sul volume di ricerca e ragionare su delle previsioni di rendimento della keyword.

 

Le corrispondenze delle parole chiave

Focalizzandoci sulle keyword, la piattaforma è dotata di un sistema che consente all’inserzionista di includere o restringere le parole chiave, senza per forza doverle inserire una a una. Le tipologie di corrispondenze da selezionare sono:

  • estesa, che non richiede l’inserimento di alcun simbolo. Attraverso questa corrispondenza il sistema abbinerà gli annunci a tutte le varianti possibili delle keyword scelte, dunque, con parole chiave sinonime, contenenti plurali e, più in generale, dal significato affine.
  • a frase, che implica l’inserimento della keyword tra le virgolette. Con la corrispondenza a frase gli annunci saranno attivati per tutte le keyword che includono ulteriori termini sia prima che dopo le parole chiave scelte, per keyword che rappresentano dei sinonimi, dei plurali e che contengono degli errori di battitura rispetto alle parole chiave acquistate.
  • esatta, che richiede l’inclusione della parola chiave tra parentesi quadre. Grazie a questa corrispondenza, gli annunci compariranno per le keyword che mostrano esclusivamente termini plurali o errori di battitura rispetto alle parole chiave principali. Scegliendola, si avrà un controllo maggiore per le parole chiave per cui appariranno le inserzioni.
  • estesa modificata, che esige l’aggiunta del simbolo + davanti i termini che devono per forza essere inclusi nelle keyword per cui saranno mostrati gli annunci al proprio pubblico di riferimento.

Fino ad ora abbiamo parlato unicamente di corrispondenza in positivo, nel senso che essa può essere impiegata al fine di ampliare la cerchia di keyword per cui vogliamo mostrare gli annunci relativi alla campagna promossa. Tuttavia, devi sapere che inserendo il simbolo davanti a uno specifico termine, gli annunci non compariranno nel momento in cui la query digitata dall’utente in Google contiene proprio quel termine. In questo caso si parla di corrispondenza inversa, la quale può essere utilizzata in combinazione con la corrispondenza a frase o esatta per escludere parole specifiche o frase intere.

All’interno di una campagna di natura Search saper maneggiare le corrispondenze è fondamentale per evitare che gli annunci compaiano per keyword che non sono in target e che, quindi, esprimono un intento di ricerca che l’annuncio non è in grado o non vuole soddisfare.

 

Le estensioni

Google ADS offre l’opportunità di arricchire gli annunci con ulteriori dettagli che consentono di fornire maggiori informazioni agli utenti e di invogliarli così a cliccare sull’inserzione. Stiamo parlando di quelle che vengono definite estensioni, ovvero dei testi aggiuntivi, in alcuni casi cliccabili, che offrono indicazioni supplementari di massima utilità per l’utente.

A oggi le estensioni disponibili nella piattaforma sono:

  • sitelink, ossia dei collegamenti verso altre pagine contenute nel sito web da massimo 25 caratteri più 2 righe di descrizione che non possono superare i 35 caratteri.
  • callout, cioè delle etichette di testo, che non possono eccedere i 25 caratteri, le quali appaiono alla fine della descrizione principale dell’annuncio. Vanno utilizzate come uno spazio in cui aggiungere dei dettagli, come i vantaggi dell’offerta o alcune caratteristiche del servizio che, per motivi di lunghezza, non sono stati inserite nel testo dell’inserzione.
  • snippet strutturati, ovvero un’estensione che permette all’inserzionista di accrescere la qualità dell’annuncio grazie a elenchi preimpostati di voci (massimo 10), di lunghezza inferiore a 25 caratteri, riguardanti la tipologia di offerta proposta.
  • di chiamata, con cui poter mostrare il numero di telefono dell’inserzionista o un numero di inoltro di Google agli utenti che visualizzano l’annuncio da smartphone. Dunque, grazie a questa inserzione, la persona potrà cliccare il numero presente nell’annuncio e chiamare direttamente dal proprio cellulare.
  • modulo per i lead, da utilizzare per aggiungere all’inserzione dei campi riempibili dall’utente con le proprie generalità e ricevere tali dati. Sono particolarmente utili per le campagne che hanno l’obiettivo di acquisire dei lead, cioè dei contatti.
  • di località, mostrano gli indirizzi dei punti vendita fisici, di proprietà dell’inserzionista, più vicini all’utente. Per avvalersi di tale estensione è necessario verificare la sede in Google My Business.
  • di località dell’affiliato, simili a quelle del punto precedente, permettono di esibire anche i negozi appartenenti alle grandi catene di vendita che rivendono i prodotti dell’inserzionista.
  • di prezzo, permettono di inserire tre o più prezzi riferiti ai prodotti offerti con una denominazione e una descrizione che devono avere meno di 25 caratteri.
  • per app, hanno l’obiettivo di informare il pubblico in-target che esiste un’app direttamente collegata a quella che si sta sponsorizzando tramite Google ADS nel Play Store e nell’App Store.
  • di promozione, attraverso le quali si ha la possibilità di segnalare degli sconti su ciò che viene promosso in corrispondenza di determinati periodi dell’anno come il Natale e la stagione estiva.

Aggiungere delle estensioni a corollario dell’annuncio è essenziale per aumentare l’ampiezza dell’inserzione e spiccare tra quelle dei concorrenti. In aggiunta, inserire tali elementi fornirà del valore aggiunto agli utenti che saranno più propensi a cliccare sul tuo annuncio rispetto a uno scarno in termini di componenti supplementari.

Tuttavia, la certezza assoluta che ogni estensione creata nella piattaforma sia realmente pubblicata non si può avere. Infatti, è il sistema a valutare se e quando può essere vantaggioso per l’utente visualizzare un sitelink piuttosto che gli  snippet strutturati. Da segnalare anche che il sistema può autonomamente aggiungere delle estensioni all’annuncio nel momento in cui ritiene una o più di queste utili per l’intento di ricerca dell’utente. In questo caso si parla di estensioni automatiche e ne sono un classico esempio le valutazioni del venditore, cioè un rating da 1 a 5 stelle che Google estrapola dai servizi di recensione con cui la piattaforma ha degli accordi o dal circuito “Recensioni dei clienti su Google”.

 

Tracciare le conversioni

Incredibilmente, uno degli aspetti più sottovalutati da molti di coloro che creano campagne in Google ADS è il tracciamento delle conversioni ottenute. Scriviamo “incredibilmente” perché promuovere un prodotto o un servizio attraverso la piattaforma e non monitorare le conversioni, di qualunque tipo essi siano, che sono scaturite dal clic degli utenti, è paragonabile a un marinaio che naviga a vista e non sa, realmente, dove sta andando.

L’incidenza delle conversioni in un progetto Web non è sempre uguale e per questo motivo ne esistono di micro e macro.
Le prime vengono chiamate così perché, nella maggior parte dei casi, non portano con sè un ritorno economico o un valore tangibile per l’inserzionista. Esse sono comunque fondamentali per capire come gli utenti si approcciano al business, come e se la persona si sta avvicinando a compiere una conversione di tipo macro. Dei classici esempi sono la visita a una pagina chiave per l’attività aziendale, l’iscrizione alla newsletter o la riproduzione di un video.

Le conversioni macro, invece, sono l’obiettivo finale della campagna e ciò che fa la differenza nel successo di un business. L’acquisto di un prodotto o la compilazione di un form da parte dell’utente sono i tipici casi in cui è giusto parlare di macro-conversione.
Una buona strategia consiste nel monitorare entrambe le tipologie di conversione per avere una panoramica approfondita di come gli utenti interagiscono con il sito web dopo aver cliccato sull’annuncio.

Attualmente, all’interno della piattaforma Google ADS è possibile monitorare le azioni di conversione avvenute nel sito web, nell’app di nostra proprietà, provenienti dalle telefonate e quelle importate da Google Analytics o da un’altra sorgente.

Nel momento in cui scegliamo di monitorare le conversioni che si verificano all’interno del sito web, la piattaforma genera un codice HTML che dovrà essere inserito nella specifica pagina che segnala la conversione. Quando l’utente che proviene da Google ADS la visita, il codice si attiverà e tale azione sarà conteggiata come una conversione. Ci riferiamo, ad esempio, alla visita della thank you page che segue l’acquisto di un prodotto venduto online. Potrai assegnare un nome alla conversione, attribuirgli una categoria e un valore diverso e decidere se includerla nella voce “Conversioni” (tale decisione è di estrema importanza se si utilizzano delle strategie di offerta automatiche).

Google ADS ha previsto anche la possibilità di monitorare le azioni che sono legate all’app promossa. Ci riferiamo all’installazione o al download di essa da Google Play, alla sua apertura e a tutte le altre azioni di interesse.

Per alcuni business, fornire direttamente nell’annuncio il numero di telefono e consentire all’utente di chiamare l’attività cliccando semplice su di esso può dare risultati soddisfacenti, più di quanto si possa immaginare. Pensiamo alle attività locali come parrucchieri, ristoranti o imbianchini: l’immediatezza di una chiamata è decisamente più apprezzata di un annuncio che rimanda al sito web e che, quindi, aggiunge uno step in più.
Dunque, tracciare le conversioni dalle telefonate si rende necessario per valutare l’andamento della campagna. Tecnicamente, è possibile monitorare le chiamate in tre modi:

  • tramite la creazione di una conversione che conteggi le chiamate generate dall’apposita estensione o da un annuncio di sola chiamata.
  • attraverso il tracciamento delle chiamate che partono dal numero di telefono inserito nel sito web.
  • rilevando unicamente i clic derivanti dalla navigazione da smartphone, perciò non le chiamate, sul numero di telefono presente nel sito web.

L’ultima opzione riguarda l’importazione delle conversioni da altri software, come Google Analytics e Firebase. Avvalendosi di tale alternativa si potranno incrociare le conversioni tracciate da Google ADS e quelle rilevate da altri sistemi. I metodi di tracciamento della piattaforma pubblicitaria, seppur molto avanzati, hanno le loro pecche e integrare i dati con quelli derivanti da servizi esterni è l’ideale se si vuole ottenere un resoconto dettagliato di come sta performando la campagna.

 

Capire se si sta andando nella giusta direzione: l’analisi dei dati

L’insieme delle operazioni che abbiamo trattato nel corso di questo articolo genera una mole, anche abbastanza grande, di dati. Se interpretati in maniera corretta, questi sono in grado di fornire le giuste indicazioni sull’andamento della promozione e suggerimenti su come poter migliorare quest’ultima.

Ogni attività di marketing, sia online che offline, ha bisogno di un’analisi delle metriche per essere portata avanti e, di certo, una campagna che sceglie Google ADS come canale di promozione non può esimersi dal rispettare tale assunto. In particolare, le metriche da prendere in considerazione sono:

  • clic, ossia il numero di volte in cui l’annuncio è stato aperto dagli utenti ed essi sono stati reindirizzati al sito web di proprietà dell’inserzionista.
  • impression, cioè il numero di volte in cui l’inserzione è stata visualizzata dall’utente.
  • CTR, acronimo di Click Through Rate, indica il rapporto tra clic e impression su un annuncio.
  • CPC, ovvero il costo medio per clic che è stato pagato nel corso dell’inserzione.
  • conversioni, vale a dire il conteggio delle azioni cruciali per il business aziendale compiute dagli utenti.
  • costo/conversione, ovverosia il rapporto tra il costo generale della campagna e il numero di conversioni ottenute.
  • tasso di conversione, dunque il rapporto tra le conversioni e il numero di interazioni degli utenti con l’annuncio.

Sono queste le principali metriche di Google ADS attraverso cui l’inserzionista può valutare l’efficacia della propria campagna e apportare le modifiche che ritiene opportune. Chiaramente, non esistono delle indicazioni relative alle metriche valide per ciascun caso. Ogni campagna è un caso a sé e richiede valutazioni differenti. Solo mettendo in campo la tua logica e riflettendo a dovere su come ottimizzare la tua specifica campagna potrai ottenere i risultati sperati. D’altronde, una volta che le campagne sono state accese, esse possono, anzi devono, essere monitorate e ottimizzate in corso d’opera a seconda dei risultati e dei dati raccolti.

 

Il remarketing in Google ADS

Fra le funzionalità più interessanti in Google c’è quella del remarketing. Questo termine sta a indicare la volontà dell’inserzionista di raggiungere, di nuovo, gli utenti che hanno interagito in precedenza con l’annuncio da lui proposto. Si tratta di una tecnica dall’efficacia dimostrata e che dovrebbe essere sempre sperimentata. Questo perché ci sono più probabilità di ottenere una conversione da parte di un utente che è già entrato in contatto con il tuo brand. Compreresti immediatamente da un marchio totalmente sconosciuto oppure preferiresti un brand di cui hai più informazioni?

Può accadere che l’utente sia stato piuttosto vicino alla conversione e abbia visitato pagine decisive per il business aziendale come quella del carrello nel caso degli e-commerce o quella per la compilazione del contact form, ma per tutta una serie di motivi non abbia convertito effettivamente. In tutte queste eventualità, il remarketing serve a dare all’utente e a darsi una seconda possibilità.

Il remarketing è attivabile inserendo un tag nel sito web e creando i segmenti di pubblico che si popoleranno con gli utenti che rispettano i criteri impostati (ad esempio, l’aver visitato una determinata pagina del dominio, l’aver interagito con il canale YouTube della tua azienda o con la tua app).

Dopo aver creati i segmenti di pubblico e aver aspettato che essi si siano riempiti (esistono dei numeri minimi di utenti che devono far parte dei segmenti per poter utilizzare quest’ultimi) è possibile associare il segmento di pubblico alla campagna da attivare. La decisione riguardante quali utenti intercettare nuovamente spetta a te, ma le opzioni che hai disposizione sono quasi infinite: puoi mostrare gli annunci a coloro che hanno visualizzato un prodotto ma non l’hanno aggiunto al carrello, alle persone che hanno consultato un qualsiasi documento presente nel dominio, che hanno visto un tuo video caricato in Youtube e così via.

 

SEO vs Google ADS: quale canale scegliere?

Gli esperti di digital marketing si saranno già accorti che ci siamo sbagliati a scrivere il titolo del paragrafo. Infatti, utilizzando il “vs” potrebbe sembrare che la SEO e Google ADS siano due soluzioni dicotomiche, dove l’una esclude l’altra. Al contrario, questi due canali andrebbero utilizzati insieme dal momento che si integrano alla perfezione.

Mentre la SEO opera nel lungo periodo, Google ADS è capace di dare risultati anche in tempi abbastanza brevi. Alla luce di ciò, impiegandoli contemporaneamente si avrà il vantaggio di assicurarsi un buon livello di visibilità nel presente mentre si attendono i frutti della strategia SEO e, perciò, un posizionamento sempre più ottimale.
Da non sottovalutare, inoltre, il fatto che per alcune keyword caratterizzate da un’elevata concorrenza, sarà praticamente impossibile posizionarsi. Quindi, Google ADS può venire in soccorso e permettere di presidiare quella SERP con annunci a pagamento.

L’ultimo aspetto che dovrebbe spingere a impiegare insieme la SEO e la pubblicità in Google ADS riguarda il fatto che diversi studi hanno dimostrato che la presenza contemporanea del brand sia negli annunci a pagamento che nei risultati organici stimola gli utenti a cliccare.

 

Conclusioni

Abbiamo visto cos’è Google ADS e come è organizzata la piattaforma al suo interno. Padroneggiare il mezzo e tutte le possibilità che esso offre richiede di sporcarsi le mani per diversi mesi. Dopo che sarai diventato abile nel destreggiarti tra le sue funzionalità, però, ti renderai conto che Google ADS è un mezzo molto potente per promuovere la tua attività e ciò che offri fra il tuo pubblico di riferimento.


Vuoi affidare la gestione delle tue campagne Google ADS a dei professionisti? Scrivici a info@vanillamarketing.it



DIGITAL CREATORS

Pronto a fare il passo successivo?

Ottieni la tua consulenza gratuita in meno di 24 ore.

Comincia da qui